E così iniziò a correre. Schivò i rami infuocati che cadevano dagli alberi e attraversò il fumo che riempiva i suoi polmoni. A tratti appariva davanti a lui una figura lontana, una veste bianca che ondeggiava nel buio. In alto i rami delle betulle s'intrecciavano fino a nascondere la luna velata, lasciando il sentiero in un'oscurità quasi completa.
A poco a poco, oppresso dal silenzio e dall'atmosfera cupa della foresta, Afthor Jonsen iniziò ad essere preso dalla paura. Improvvisamente si fermò ed iniziò a tremare. Il giovane non riusciva più a vedere Agnes, ma sentiva alla sua destra, nel folto degli alberi, un'ombra.
O la sua mente cominciava a giocargli brutti scherzi oppure qualche creatura del bosco, forse un terribile Troll, lo stava osservando. Proseguì in silenzio e non si accorse neanche che aveva cominciato a piovere, e le gocce cadevano dai rami, bagnando i suoi capelli e le spalle.
Uscì dal folto degli alberi e davanti a lui c'era adesso un luccichio d'acqua, e dal rumore comprese che sotto di lui c'era il fiordo. Avanzò con cautela per non rischiare di scivolare sul terreno reso viscido dalla pioggia e precipitare giù.
Pochi metri sotto di lui la vide, per prima cosa vide la sua veste bianca che svolazzava nel vuoto, appesa ad un ramo e poi vide il suoi capelli biondi mossi dal vento e i suoi occhi belli come il mare, ma pieni di paura.
La luna gettava sulla scena una luce incerta e Afthor Jonsen la chiamò. Pronunciò per la prima volta il suo nome e lei si girò, ed ognuno dei due riconobbe in quell'istante il proprio viso in quello dell'altro.
Agnes stava muta ed impietrita dal terrore ed Afthor Jonsen inizò a parlarle con tono semplice e le sue parole portarono conforto ad Agnes, che si calmò.
Il giovane scese lentamente aggrappato ad alcuni rami ed infine riuscì a stringere la mano che Agnes gli aveva teso. Tirò con tutte le sue forze e raggiunsero la radura. Rimasero così distesi per alcuni attimi senza parlare. Si era levato il vento, e le nuvole passavano rapidamente davanti alla luna, così che sottili raggi di luce danzavano tra cespugli sparsi e piccoli arbusti. Anche le cime degli alberi cominciarono a gemere, e il suono era come un canto lontano.
Afthor Jonsen aiutò Agnes ad alzarsi e le indicò un sentiero attraverso il bosco, che in quel punto sembrava più rado. Nessuno dei due aveva ancora parlato e anzi, la timidezza ed il pudore di entrambi, divideva il loro sguardi.
Nel frattempo, i gemiti degli alberi si erano fatti più forti e la danza del chiarore lunare ancora più rapida. Un pò alla volta entrambi iniziarono a udire una musica in distanza.
Era un suono di flauto ed essi, con gran sollievo, si diressero in quella direzione. Proveniva dal fondo di una valletta. Nel mezzo dell'avvallamento c'era un vecchio, con un berretto rosso e un volto grinzoso. Sedeva accanto ad un fuoco di sterpi, aveva infisso nel terreno, ai suoi piedi, una torcia accesa e il suo suono era portato dal vento. I capelli rossicci gli spiovevano sul volto come ruggine su una pietra.
I due giovani si fermarono al limitare del bosco e stettero ad ascoltare. La musica del flauto finì ed il vecchio iniziò a cantare. La sua voce era profonda, ma nonostante l'aspetto duro del suo volto, il suono che usciva dalla sua bocca esprimeva una dolce nostalgia, quasi uno struggimento.
Se dal mare non torno, amore,
A poco a poco, oppresso dal silenzio e dall'atmosfera cupa della foresta, Afthor Jonsen iniziò ad essere preso dalla paura. Improvvisamente si fermò ed iniziò a tremare. Il giovane non riusciva più a vedere Agnes, ma sentiva alla sua destra, nel folto degli alberi, un'ombra.
O la sua mente cominciava a giocargli brutti scherzi oppure qualche creatura del bosco, forse un terribile Troll, lo stava osservando. Proseguì in silenzio e non si accorse neanche che aveva cominciato a piovere, e le gocce cadevano dai rami, bagnando i suoi capelli e le spalle.
Uscì dal folto degli alberi e davanti a lui c'era adesso un luccichio d'acqua, e dal rumore comprese che sotto di lui c'era il fiordo. Avanzò con cautela per non rischiare di scivolare sul terreno reso viscido dalla pioggia e precipitare giù.
Pochi metri sotto di lui la vide, per prima cosa vide la sua veste bianca che svolazzava nel vuoto, appesa ad un ramo e poi vide il suoi capelli biondi mossi dal vento e i suoi occhi belli come il mare, ma pieni di paura.
La luna gettava sulla scena una luce incerta e Afthor Jonsen la chiamò. Pronunciò per la prima volta il suo nome e lei si girò, ed ognuno dei due riconobbe in quell'istante il proprio viso in quello dell'altro.
Agnes stava muta ed impietrita dal terrore ed Afthor Jonsen inizò a parlarle con tono semplice e le sue parole portarono conforto ad Agnes, che si calmò.
Il giovane scese lentamente aggrappato ad alcuni rami ed infine riuscì a stringere la mano che Agnes gli aveva teso. Tirò con tutte le sue forze e raggiunsero la radura. Rimasero così distesi per alcuni attimi senza parlare. Si era levato il vento, e le nuvole passavano rapidamente davanti alla luna, così che sottili raggi di luce danzavano tra cespugli sparsi e piccoli arbusti. Anche le cime degli alberi cominciarono a gemere, e il suono era come un canto lontano.
Afthor Jonsen aiutò Agnes ad alzarsi e le indicò un sentiero attraverso il bosco, che in quel punto sembrava più rado. Nessuno dei due aveva ancora parlato e anzi, la timidezza ed il pudore di entrambi, divideva il loro sguardi.
Nel frattempo, i gemiti degli alberi si erano fatti più forti e la danza del chiarore lunare ancora più rapida. Un pò alla volta entrambi iniziarono a udire una musica in distanza.
Era un suono di flauto ed essi, con gran sollievo, si diressero in quella direzione. Proveniva dal fondo di una valletta. Nel mezzo dell'avvallamento c'era un vecchio, con un berretto rosso e un volto grinzoso. Sedeva accanto ad un fuoco di sterpi, aveva infisso nel terreno, ai suoi piedi, una torcia accesa e il suo suono era portato dal vento. I capelli rossicci gli spiovevano sul volto come ruggine su una pietra.
I due giovani si fermarono al limitare del bosco e stettero ad ascoltare. La musica del flauto finì ed il vecchio iniziò a cantare. La sua voce era profonda, ma nonostante l'aspetto duro del suo volto, il suono che usciva dalla sua bocca esprimeva una dolce nostalgia, quasi uno struggimento.
Se dal mare non torno, amore,
forse una sera da lontano
una colomba bianca come neve
sulla finestra si poserà piano.
Alla finestra corri subito, amore
là c'è il mio cuore
per riposare ancora