martedì 22 febbraio 2011

Qui è troppo chiaro per dormire.. 3

La storia della nostra famiglia iniziò in modo curioso. Hafthor Jonsen era un pescatore e viveva nei pressi del fiordo di Stafangr, nel sud della Norvegia. Egli era un uomo molto rispettoso della natura e delle divinità del grande e potente mare. Ma Hafthor amava viaggiare e desiderava vedere il vasto mondo. Quello era un periodo in cui tanti norvegesi, svedesi e danesi sfidavano il grigio oceano alla ricerca di nuove terre. Chi spinto dalla curiosità, chi dalla brama di ricchezza, chi dalla smania di avventure. Un giorno che Hafthor era a pesca con la sua piccola barca, si imbattè in un grande pesce all'interno del fiordo. Era enorme e forte e sfuggiva alla sua rete. Hafthor lo seguì, cercò di coglierlo con l'arpione quando il pesce venne in superficie e lo inseguì fuori dal fiordo in mare aperto. Passavano le ore e il pesce fuggiva sempre con astuzia ai tentativi di Hafthor. Alla fine la sua barca si ritrovò troppo vicino a degli scogli e dovette rinunciare alla sua caccia. Deluso e stanco Hafthor girò il timone per tornare verso l'imboccatura del fiordo, quando i suoi occhi videro un pezzo di legno trascinato dalla corrente. Un paio di gabbiani volteggiavano in cielo attirati da qualcosa che luccicava su quella tavola. Hafthor si avvicinò e vide un uomo disteso e all'apparenza morto che stringeva in mano una spada. Lo issò sulla sua barca e capì che era ancora vivo. Lo portò nella sua casa e lo curò. Il naufrago riprese le forze e ringraziò Hafthor per la sua generosità. Gli disse che non avrebbe mai dimenticato ciò che aveva fatto per lui. Il suo nome era Hrolf ed era un guerriero. La sua nave aveva tentato di attraversare l'oceano ma era stata quasi subito colta da una grande tempesta che aveva ucciso tutti i suoi compagni. Hrolf sembrava avere un fuoco dentro che lo agitava e che, appena fu in grado di camminare, lo spingeva a salire in cima agli scogli più alti e a passare ore a fissare il mare. Aveva uno sguardo pieno di coraggio e di sfida. Qualcosa nei suoi occhi ricordava la temerarietà.
Una mattina che Hrolf era lì, come ogni giorno, a riempirsi lo sguardo di mare e le narici di vento, si avvicinò Hafthor che si sedette su una roccia e gli disse: "Io nel mare cerco di che vivere ma so che un giorno partirò e mi lascerò dietro le spalle la quiete del fiordo".
Hrolf continuava a guardere la schiuma delle onde e sembrava non essersi neanche accorto della presenza di Hafthor. Quando ormai sembrava che il silenzio avesse creato un muro tra loro, il guerriero si girò e fissando negli occhi il pescatore rispose: "Noi partiremo presto e attraverseremo il mare color del ferro fino alle Ebridi e da lì scenderemo fino al Canale della Manica e alle ricche terre del sud".

3. continua-

sabato 19 febbraio 2011

Qui è troppo chiaro per dormire.. 2

Sono tornato indietro. All'origine della mia famiglia. In queste terre vaste e silenziose di cui erano pieni i ricordi dei miei antenati. I miei occhi sono accecati dal sole del Mediterraneo, dal riverbero delle pietre bianche e da un mare luminoso, intenso e fermo. Si devono ancora abituare a queste veglie boreali, alla luce che riempie le pareti bianche della mia stanza, disegnando figure mosse dal vento.
Ma ora sono qua. Alla fine della mia vita, dove tutto è cominciato, per cercare di ricostruire il passato.
Lo sento come un dovere, verso quelli della mia stirpe che per primi, due secoli fa, decisero di partire e di avventurarsi verso sud.
Possiedo di loro dei ricordi nitidi, quasi reali. Frutto dei racconti e delle mie fantasie di bambino. Era tale la curiosità, a quei tempi, che non vedevo l'ora che arrivasse una rara giornata di pioggia, nella mia Palermo, per sentire le gesta di quei lontani, giganteschi eroi descritte da mio nonno.
Ricordo per prima cosa i nomi. E' così che si raccontano le storie di famiglia: si parte dai nomi. Genealogie nordiche che con gli anni si sono addolcite nelle vocali dei nomi latini o greci attuali. Nomi che si sono mischiati e trasformati come il colore dei nostri capelli e dei nostri occhi.
Io sono Giovanni, ma mio padre era Guglielmo e mio nonno Tancredi.

2. continua -

venerdì 18 febbraio 2011

Qui è troppo chiaro per dormire..

Troppa luce. Ho sempre pensato che scrivere storie fosse un dono. Per tanti anni questo dono mi è stato precluso. Troppo sole aveva acceso i miei occhi. Troppe persone intorno. Troppe parole e tutte insieme. 
Ma ora c'è quiete. Ora quelle parole mi tornano utili. Vengono su, a poco a poco, come pesci che si affacciano sulla quiete di un lago in cerca di cibo. Si intrecciano come tanti cerchi concentrici che formano nuovi disegni sulla superficie dell'acqua. Vanno colti al volo e fermati, prima che svaniscano via effimeri. 
Sono ormai vecchio e solo. La mia famiglia finirà con me, non sono stato capace di evitarlo. Tutta la mia vita è stata così. Non sono mai riuscito a prevedere gli eventi ed essi hanno quasi sempre avuto il sopravvento su di me. 
Ma non credo che ciò sia male. 
In fondo penso che ciò sia avvenuto perchè ha sempre vinto in me la curiosità e la fantasia. 
Non ho rimpianti e guardo indietro, ai miei anni passati, con un pizzico di nostalgia e un indulgente sorriso. 
Ho sempre pensato che Dio ci punisse con l'infelicità per ciò che non sappiamo immaginare. 

- 1. continua